FA PIU’ NOTIZIA UN CANE CHE MORDE UN UOMO O UN UOMO CHE MORDE UN CANE?

Non fa notizia un cane che morde un uomo, ma un uomo che morde un cane. E’ questa al regola numero 1 che viene insegnata in tutte le scuole di giornalismo del mondo.
Ci siamo sentiti toccati da questa magica regola allorquando abbiamo colto le più splendide soddisfazioni alla notizia che la lingua italiana è salita in graduatoria nei confronti della lingua francese, raggiungendo il quarto porto tra le lingue più importanti.
Certamente tutti orgogliosi! L’italiano, la lingua della pizza, dell’alt moda, della cucina! Questi sono infatti, i più grandi obiettivi del XX e XXI secolo – anche se la lingua italiana rimane una delle maggiori lingue per letteratura, arte, tradizioni.
Tutti orgogliosi, soprattutto perché abbiamo battuto i vicini francesi – ed in questo periodo l’Italia non è al top dei rapporti con la Francia. Cionondimeno, registriamo allo stesso tempo che la lingua inglese rimane lì, imperterrita, al primo posto, tra le lingue più studiate, parlate e diffuse al mondo.
Noi italiani, contenti e soddisfatti per i bei traguardi della nostra lingua. Felici per aver scalato un posto in più. Quasi isterici per essere saliti un gradino più in alto. Rimane ancora un piccolo, piccolissimo problema: gli italiani rimangono tra le popolazioni europee che peggio e meno parlano la lingua di sua maestà Elisabetta II, quella che è la lingua non solo più parlata in Europa ma in tutto il mondo.
Si, solo un piccolo particolare, un dettaglio di scarso interesse. Noi, assieme a Spagna, Grecia (e forse qualche altro stato) siamo tra le nazioni che peggio parlano l’inglese. Non c’è da stare allegri, tranquilli, sicuri. Si, possiamo festeggiare questa bella notizia circa l’italiano, ma è una notizia che non ci rende più forti e competenti nella lingua che discute l’economia, la politica estera, la finanza, i trattati internazionali, gli accordi multilaterali: l’inglese. Rimane sempre lì il problema. E malgrado i milioni di Euro investiti dall’Europa nell’insegnamento/apprendimento della lingua dell’ultimo decennio, i risultati non sono per niente lusinghieri.
Noi tutti si plaude con piacere agli splendidi risultati ai quali è pervenuta la lingua italiana. Ma ciò non ci affranca dell’indigenza culturale circa l’inglese nel quale, purtroppo ancora, ci collochiamo.
Un riferimento palese è il progetto del CLIL nelle scuole, soprattutto le scuole superiori.
Esso prevederebbe l’insegnamento di una disciplina non linguistica in inglese da parte di un docente con una certificazione C1. Almeno in origine.
Poi si è passati al B2.
Niente da fare neanche col B2!
Sono pochi i docenti in possesso di un “chiaro e onestamente conseguito” B2 – e pochissime le suole di stato che riescono a portare avanti questo CLIL. La cosa è preoccupante. Non aggiungiamo altro.
La conclusione, comunque, ci porta all’apertura di questo intervento.
Abbiamo fatto salti di gioia per l’italiano al quarto posto, ma nessuna flessione per l’inglese che, lì, imperterrita, si trova da una vita al primo posto, quasi una vera sfida alla torre di Babele. Ha fatto più notizia il 4° posto della lingua italiana che il 1° posto della lingua inglese. E né ci scuotono più di tanto le notizie della povertà linguistica degli italiani di attivarsi ad apprendere l’inglese.
Nessuna grinza. Hurrà per l’italiano. Indifferenza, o quasi, per l’inglese.
Come è vero che fa più notizia un uomo che morde un cane e non un cane che morde un uomo!

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